DR. FEELGOOD (MOTLEY CRUE, 1989)

CRUE, CAPOLAVORO RUFFIANO. Nel non troppo lontano 1989 i Motley Crue, la più grande, famosa, casinara band che la storia abbia mai conosciuto, si trovavano di fronte ad un bivio, faccia a faccia con una di quelle scelte che cambiano la tua esistenza per sempre. Le opzioni erano due e semplici. La prima: autodistruggersi. E i quattro ragazzacci di Los Angeles ce la stavano mettendo tutta: Vince Neil era un concentrato di cocaina, alcol e sesso ambulante; Nikki Sixx, ancora alle prese con la sua tormentata infanzia, aveva scoperto nell'abuso di eroina la sua via di fuga, via che lo aveva portato anche all'overdose; Tommy Lee, eterno bambino alla disperata ricerca di soddisfare qualsiasi persona gli si presentasse davanti, passava le sue giornate un pò facendo il "terrible twin" con Nikki un pò tra le braccia di avvenenti coniglette; Mike Mars cercava di sconfiggere la spondilite anchilosante che fin da ragazzo lo perseguitava ingerendo più vodka possibile. Oppure rimaneva la seconda: scrivere un capolavoro e arrivare lassù in cima, dove nessuno aveva mai messo piede. Dr. Feelgood fu la risposta più intelligente e salvò sicuramente la vita di almeno un paio di componenti. La band nell'82 aveva scritto un disco fondamentale per tutta la scena street-glam di allora: Shout At The Devil, col suo suono catchy ma potente, così come la vistosità dello stile Motley Crue, avevano conquistato tutti. Era seguito il successo e gli eccessi, tant'è che il gruppo divenne famoso più per i festini, la vita sregolata, le camere d'albergo distrutte e la quantità di ragazze portate a letto che per la qualità degli album. Infatti sia Theater Of Pain che Girls, Girls, Girls erano stati minati dallo stato fisico dei quattro al momento delle registrazioni. Il primo, a parte un paio di hits, era scialbo; il secondo conteneva qualche grande pezzo, ma venne abbassato di livello dalla prova in studio. Il tour che seguì Girls, Gilrs, Gilrs rischiò addirittura di affossare completamente i Motley Crue ormai persi nel loro mondo fatto di droga e schifezze varie. Doug Thaler e Doc McGhee, i manager che li avevano raccolti da terra ai tempi di Too Fast For Love, decisero che era ora di finirla. Presero le quattro teste calde, li fecero andare in analisi, li obbligarono a disintossicarsi, a ripulirsi completamente, li chiusero per mesi in uno studio/clinica immerso nel verde lontano dalle distrazioni e fecero si che la band scrivesse il suo disco migliore. Dr. Feelgood alla fine uscì, dopo alcuni concerti di presentazione, e nel giro di una settimana si piazzò al numero uno della classifica statunitense. In quella classifica ci rimase per ben 109 settimane, vendendo milioni di copie in tutto il mondo e diventando uno dei dischi rock più famosi della storia. E non poteva che essere così dato che l'album di per sè rappresenta al meglio un intero decennio, quegli amati/odiati anni '80, non solo musicalmente ma anche come attitudine (ma altro non ci si poteva aspettare da una vera icona ottantiana come i Motley Crue), il vero testamento di un periodo che si stava concludendo portando con se tutti i suoi lati, sia positivi che negativi. Dr. Feelgood è quindi un disco ruffiano, molto ruffiano, giusto rapporto tra easy-listening e potenza. Ma, per una volta, questo non ci importa, perchè ne siamo consci e rimaniamo affascinati da questo ultimo atto teatrale a cui stiamo assistendo. Liberi da tutto quello che offuscava le loro menti i quattro losangelini ci sbattono sul piatto una decina di pezzi assolutamente incredibili per la facilità con cui uniscono semplicità, groove, hard-rock e riff indimenticabili. A tutto questo si aggiunge una delle produzioni migliori che si possa ricordare, grazie alla quale i Motley Crue poterono completare il proprio sound con qualche piano rock&roll e qualche fiato funky, tanto in voga in quel periodo. Tralasciando le breve e cacofonica intro, T.nT. (Terror 'n Tinseltown), il resto delle tracce è un susseguirsi di singoli da paura e di classici della band. Da Dr. Feelgood, vero e proprio inno col suo incedere trascinante e il bel giro basso/chitarra che ti si stampa subito in testa, passando per Kickstart My Heart, che Nikki scrisse pensando a quando gli salvarono la vita con un'inizione di adrenalina dritta nel cuore, col suo riff quasi rock&roll che ci guida in una canzone da cantare a squarciagola, per arrivare all'altro super hit S.O.S. (Same Old Situation), ultra tirata, basata su una ritmica così anni ottanta da farci tirare fuori lacca e pantaloni di pelle dall'armadio e con un ritornello tutto da urlare. Ma non bisogna dimenticare gli stupendi lenti che completano l'album, come la dolcissima Without You o l'incredibile accoppiata finale Don't Go Away Mad (Just Go Away), molto "guns&roses", e Time For Change, altro lentone da fazzoletti e accendini accesi. E a completare un pungo di canzoni vive e divertenti, magari non allo stesso livello di quelle prima citate, ma altrettanto valide: stiamo parlando di Rattlesnake Shake, Slice Of Your Pie e Sticky Sweet, tutte quante che sprigionano '80s da tutti i pori. Forse è proprio il divertimento la caratteristica principale di Dr. Feelgood: non è possibile stare fermi mentre lo si ascolta, non si può rimanere impassibile a quella che senza ombra di dubbio rappresenta la colonna sonora ideale per qualsiasi festa perfetta. Il meglio dei Motley Crue è qui. Si, è vero, quelli ripuliti e un pò bravi ragazzi, che quindi perdono un pò del loro fascino e della loro onestà. Ma, come già detto, sentendo queste canzoni questi particolari si dimenticano, si accantonano per godersi fino all'ultimo questo concentrato di energia ottantiana, uno degli ultimi veri dischi capaci di raccogliere lo spirito di un periodo e di una generazione. Acquisto o per lo meno semplice ascolto obbligato per questo tassello di musica moderna, immancabile nella nostra virtuale libreria di grandi classici. Rockline.it