KEEPER OF THE SEVEN KEYS part II (HELLOWEEN, 1988)

UNA PERLA DI POWER TEUTONICO MELODICO E RAGIONATO: MAI BANALE. "Keeper Of The Seven Keys Part II" è sicuramente uno degli album teutonici più apprezzabili che la seconda metà degli anni 80 abbia generato. Gli Helloween insieme ad altre band colossali come Running Wild, Grave Digger ed altre ancora hanno saputo raccogliere in pieno la lezione impartita loro dai maestri Accept e dalle band internazionali come Iron Maiden e Judas Priest in primis. "Keeper Of The Seventh Keys pt.2" è un'autentica perla di power/speed metal di vecchio stampo teutonico. Tuttavia certo è che gli Helloween non hanno di sicuro inventato il "power metal" come molti sostengono, infatti già nei primi anni 80 questo termine esisteva sotto la terminologia di "powerfull". Ma, se lo "speed/power" europeo non lo hanno certo inventato gli Helloween (ma è stato un lungo processo musicale iniziato anni prima), c'è da dire che questo strepitoso platter ne ha saldato alcuni importanti canoni. "Keeper Of The Seven Keys Part I" aveva segnato una grandissima svolta nella carriera della band tedesca, l'assunzione di Kiske alla voce e l'aver relegato il discreto (a livello vocale) Hansen alla chitarra, contribuirono sicuramente ad accrescere il livello tecnico e compositivo della combo germanico. Infatti con un Hansen concentrato unicamente sul suo strumento ed un vocalist puro di supporto fu successo assoluto. Dopo una breve intro il disco apre le danze con Eagle Fly Free che si rivela essere un'incredibile fast song scandita da melodici e potenti refrain accompagnati dalla voce di un Kiske sicuramente in stato di grazia, graffiante ed estesa, acuta e potente. Dalla stupenda e carica di pathos You Always Walk Alone, giungiamo al capolavoro Rise And Fall, potente fast song intenta a rimembrare addirittura i fasti del riff "made in Germany". Dr.Stein, incredibile brano dal travolgentissimo refrain, spiana la strada alle evocative We Got The Right (mitico il suo incedere!) e March of Time, canzone, quest’ultima, caratterizzata da una pomposa introduzione preludio alla tempesta di riff scaturita dall’accoppiata Weikath/Hansen. Il brano, dallo spettacolare bridge, risulta essere sicuramente tra i migliori componimenti del lotto, dove un’attenta ricerca della melodia si incontra e si sposa perfettamente al riffing graffiante ed ad un certo flavour epico. Ma lo spettacolo non è certo destinato a concludersi, e la seguente I Want Out lo continua in modo addirittura esemplare. Ottima la prova di Kiske che raggiunge la sua massima espressività producendo linee vocali davvero complesse che scandiscono refrain incisivi e mai banali. Il brano seguente è la (quasi) title track Keeper Of The Seven Keys con il songwriting affidato a Weikath per quella che si rivela essere la canzone più lunga, complessa ed articolata tra tutte. La song-capolavoro è uno scrigno nel quele vi son contenuti tutti gli elementi che hanno caratterizzato questo incredibile disco. Melodie lineari e mai banali dettate da un songwriting intelligente e ragionato, costruzioni strumentali vincenti che riescono a costruire un ambiente musicale dai molteplici sapori (la cupa introduzione, la potenza del riffing trainante, il flavour epico/melodico dell’incredibile refrain). Insomma un concentrato a dir poco perfetto dell’incredibile musicalità della band tedesca. A chiudere il platter (nella sua versione cd) ci pensa la granitica Save Us (originariamente nella posizione 7 del disco), un concentrato di potenza intento a porre la definitiva parola fine ad un disco nel quale si intrecciano in maniera a dir poco perfetta potenza, originalità e melodia. Ammesso che la parola fine, per un disco del genere, possa mai esistere. Truemetal.it.