WORLD PAINTED BLOOD (SLAYER, 2009)

FOTTUTAMENTE SLAYER. Sovrani indiscussi del thrash metal, gli Slayer ripiombano negli stereo degli headbangers con la solita prepotenza e con una voglia ardente di riconquistare chi era rimasto interdetto dinnanzi agli ultimi lavori in studio. Solo due dischi all'attivo nel nuovo millennio: pochino per chi aveva sfornato pesi massimi della musica dura con ottima continuità a cavallo dei due decenni precedenti, culminati nell'irraggiungibile Reign In Blood e arricchiti da un'evoluzione intelligente che mai ha preso nemmeno in considerazione l'allontanamento dal tipico sound della band. Mentre i colleghi si ammorbidivano, gli Slayer sono rimasti sempre fedeli a se stessi, alle loro furiose radici punk, alla potenza soffocante della loro musica, alla crudezza disarmante dei loro testi. Non hanno biogno di presentazioni, non hanno bisogno di preamboli: per loro parla la musica, e la loro musica è ancora un durissimo cazzotto "in your face". Lasciamo dunque che a parlare sia il nuovissimo World Painted Blood, con i tipici riffs che si rincorrono, la devastante sezione ritmica, i vocalizzi del mite Araya e gli assoli assatanati del truce Kerry King. Potenza e velocità, un mix letale capace di radere al suolo qualsiasi cosa ruoti attorno al vostro stereo. Saranno parole banali, saranno scontate se riferite ad una band che questa definizione l'ha sempre messa in pratica e in maniera esplosiva; eppure altri aggettivi ed altre frasi non esistono per descrivere quanto gli Slayer hanno nuovamente messo in piedi in questo World Painted Blood. La titletrack è il pezzo introduttivo, e passa da strofe veloci ad un ritornello lento e a denti stretti. Insolito il riff di chitarra che dà nuova linfa alla traccia dopo i due minuti di durata, così come intriganti appaiono le urla striate che il plettro di King fa grondare dalla propria ascia. Dopo il finale velocissimo, Unit 731 si segnala come tipica song slayerana, dalla marcata estrazione punk sia nella velocità che nella durata limitata. Del resto gli Slayer sono stati tra i principali autori dell'incontro tra heavy metal e hardcore punk, e la loro anima più genuina non può che sgorgare immediatamente in tutta la sua furia. Il passato emerge ancor più palesemente in Snuff, aperta come l'indimenticabile Captor Of Sin: un assolo adrenalinico sparato a mille e Kerry King che sparoneggia con sfuriate fulminanti per tutta la durata del brano. Anche Hate Worldwide ricalca questa struttura, con i suoi tre minuti scarsi di durata e le ripartenze a cento all'ora. Tre pezzi tiratissimi per scuotere come gli Slayer hanno sempre saputo fare, tre schegge dinamitarde per mettere subito le cose in chiaro: non siamo da pensione. Nel corso del platter, i californiani sembrano voler ripercorrere tutto l'arco della loro carriera: così si passa da queste scintille di thrash old school alla potenza sulfurea di Beauty Trough Order, che con i suoi ritmi sostenuti (perlomeno in avvio, prima dell'assolo) si ricongiunge idealmente alla direzione intrapresa dalla band all'epoca di South Of Heaven. Un drum incessante dell'indemoniato Dave Lombardo si fa sempre più incontenibile in Public Display Of Dismemberement, caratterizzato da un bel riffone d'apertura. Human Strain assomiglia invece all'epoca di fine Nineties, con le vocals del buon Araya che abbandonano le urla a getto continuo per dedicarsi ad uno stile quasi rappato (definizione da prendere assolutamente con le pinze per evitare fraintendimenti o scatenare polemiche). Il risultato è un pezzo dal coinvolgimento altissimo e immediato. Altra traccia interessante è Americon, con quel riff distorsivo ripetuto ipnoticamente e inesorabilmente che sembra quasi incancrenirsi nella testa dell'ascoltatore. Già presentata live (e sul Web) da diverso tempo, Psychopaty Red è un nuovo esempio del thrash a briglie sciolte che il combo losangelino ha fatto abbondantemente sanguinare in micce esplosive come Reign In Blood e Divine Intervention. La stranezza assoluta di tutto il platter è tutta concentrata in Playing With Dolls, song nella quale Araya si tuffa in linee vocali 'pulite' per qualche minuto: giusto il tempo di stupire i fans più tradizionalisti, prima che la traccia riacceleri sulla tellurica falsariga delle sue sorelle. Ultima delle quali (ma solo in ordine di tracklist) arriva anche Not Of This God: la classica mazzata finale, nulla di nuovo, ma forse è proprio questo che i fans vogliono. Gli Slayer vogliono ribadire con furiosissima superiorità a chi appartiene la corona di padrone assoluto dell'heavy metal. World painted Blood è una possente corazzata attraverso la quale i californiani esibiscono tutto il loro repertorio, una sintesi letale di tutti i risvolti toccati nell'evoluzione della loro carriera musicale. La coppia d'asce King-Hannemann tritura riff insani con una frenesia perpetua, lanciandosi poi negli infuocati solos che hanno fatto crescere intere generazioni di metalheads. Araya non avrà più la forza d'un tempo, dal vivo, ma dagli studios ci arriva un singer ancora una volta energico. Ed è sempre lui, col suo basso, ad accompagnare Lombardo nel suo martellamento incessante e terremotante, griffe immancabile su ogni grande disco targato Slayer. Ci sarà la solita frangia che li accuserà di mancanza di idee, ci sarà chi sputerà sentenze e critiche feroci, ci sarà addirittura chi preferirà Christ Illusion o God Hates Us All al disco in oggetto; la democrazia fortunatamente impone la libertà di parola, però giudicare un disco solo ponendolo a paragone con i suoi predecessori lo trovo infantile. Non sarà mai Reign In Blood, non sarà niente di nuovo, ma ciò non toglie che sia fottutamente Slayer, garanzia di dominio.