THE FORMATION OF DAMNATION (TESTAMENT, 2007)

TESTAMENT, NOVE ANNI DOPO. Trovarsi finalmente di fronte alla nuova fatica dei Testament, a 9 anni di distanza da The Gathering, è già di per sé una soddisfazione. Dopo continui rinvii e ritardi la paura di trovarsi di fronte ad un nuovo fenomeno “Chinese Democracy” si stava insinuando tra i fan del gruppo americano, invece The Formation Of Damnation è diventato ora realtà: 11 tracce per poco meno di 50 minuti di thrash metal segnano il ritorno della band capitanata dall'inossidabile Chuck Billy, affiancato dalla line-up originale (quella di grandi lavori del calibro di The Legacy e The New Order, per capirci), ad eccezione della batteria, occupata da Paul Bostaph, già noto al pubblico metallaro per i suoi lavori con Slayer, Exodus e Forbidden. Che siano i Testament si sente, il sound è il loro ed è impossibile non riconoscerlo, ma rispetto ai precedenti lavori si nota una maggiore maturità, un sound più moderno ed una certa ricercatezza che invece mancava totalmente nel sound furioso e violento dei lavori precedenti. Con More Than Meets The Eye, brano lanciato sul myspace della band già un mese prima dell'uscita del disco, si aprono le danze: ad accoglierci è una sezione ritmica dal suono corposo e potente, mentre la chitarra passa dai ritmi thrash delle parti cantate a riff acidi e ripetitivi, come oscillando tra il tentativo di costruire una melodia e quello di ipnotizzare l'ascoltatore per trascinarlo nelle sfuriate che si inseriscono in seguito. Questa è sostanzialmente la struttura che sta alla base di quasi tutti i pezzi proposti: sembra infatti che la band tenda ad alzare qualche volta il piede dall'acceleratore, per inserire elementi più raffinati (con tutti i limiti che può avere questo termine quando si parla di thrash metal). La successiva The Evil Has Landed lo mette in evidenza: ritmi più lenti e cadenzati, i riff di Skolnick in primo piano e la splendida voce di Chuck Billy, che sembra non sentire gli effetti del tempo diventando invece ad ogni uscita sempre più potente, a giocare nei passaggi tra un profondissimo growl e una sorta di scream, entrambi caratterizzati da quel timbro vocale inimitabile che è da sempre uno dei punti di forza del cantante californiano. Le canzoni che seguono, pur uniformandosi nelle loro linee base a quanto già detto, presentano ciascuna piccoli elementi di diversità: la title-track, a cui dovrebbe essere assegnato il compito di rappresentare il disco, è più cattiva delle precedenti nella parte iniziale e in quella finale, inframezzate da una sezione più lenta, segnata da una bellissima prestazione di Bostaph, ma in linea di massima un pò dozzinale e non particolarmente esaltante; totalmente diversa Dangers Of The Faithless, un pezzo quasi melodico, grazie ad una chitarra decisamente addolcita ed una linea vocale che gioca su timbro melodioso pur avvicinandosi talvolta allo scream. The Persecuted Won't Forget è invece una delle canzoni più in stile Testament, coi suoi riff veloci e la ritmica allo stesso tempo violenta e tecnicamente ineccepibile; discorso quasi identico per Henchman Ride, forse uno dei pezzi meglio riusciti di tutto il platter, sempre in bilico tra ritmiche velocissime e rallentamenti improvvisi riempiti da un Chuck Billy sensazionale. Killing Season e Afterlife non spiccano sulle altre, seguendo la stessa costruzione di base, sempre ottimamente eseguita e coinvolgente, anche se alla lunga un pò troppo omogenea (in Killing Season si segnala comunque un notevole assolo); discorso diverso per F.E.A.R., che si dibatte tra un ottimo ritornello, in cui spicca ancora una volta una linea vocale fantastica, sfuriate thrash, e inserimenti quasi melodici davvero grossolani, alla lunga noiosi. La conclusiva Leave Me Forever è una canzone piuttosto anomala, che alterna parti lente anonime, assolutamente banali per costruzione e per nulla piacevoli in quanto a resa sonora (la voce risulta quasi fastidiosa, e si tratta di un caso più unico che raro nella discografia dei Testament), a piccoli sprazzi di cattiveria, che tirano un po' su il valore del pezzo grazie ad uno splendido Bostaph. Il ritorno in pista dei Testament non può non far piacere a qualunque amante del thrash; si tratta di un album ben fatto e piacevole, seppure con qualche elemento che farà storcere il naso ai puristi del genere e qualche altro aspetto che invece risulterà non troppo azzeccato per tutti. Sperando che sia l'inizio di una nuova lunga serie di ottimi album, da parte mia The Formation Of Damnation riceve una valutazione molto buona, pur non gridando al capolavoro. Da 'Metallized.it'.