DEMONIC (TESTAMENT, 1997)

DAL THRASH AL DEATH, CRESCE LA RABBIA. Figlio della frustrazione, della rabbia e della sofferenza, "Demonic" si presenta come il più brutale e insano lavoro del gruppo, dove si percepisce totalmente il malcontento e la disillusione rivolta al passato unita a una malata consapevolezza di volontà di rinascita. Atmosfere grigie, dolorose e malsane, dall'indole più rassegnata che minacciosa (quasi delusa, come a voler dire: "ci avete fatto arrabbiare e allora adesso noi vi puniamo!") si uniscono maleficamente a passaggi infuocati e deliberatamente violenti, sintomi di un aggressivo malcontento dominante. Musicalmente senza compromessi l'album è la non del tutto naturale continuazione di quanto il gruppo aveva fatto con il precedente 'Low'. Prosegue, estremizzandolo, l'avvicinamento alle sonorità Death Metal accennate in quel lavoro, appesantendo ulteriormente il sound per creare un impenetrabile muro sonoro. I tempi rallentano in una densità mai sperimentata dal gruppo e quasi tutti i pezzi si presentano come mastodontici e brutali mid-tempo contraddistinti da un pesantissimo lavoro di chitarra ritmica e da un incredibile e dominante uso del cantato growl da parte di Chuck Billy. In una "demoniaca" mistura di stili si contraddistingue comunque la vena assolutamente Thrash che i Testament riescono a donare ad ogni traccia, mescolando il tutto al più "quadrato" Death americano e con un minimo (e involontario) occhio di riguardo verso il Melodic-Death europeo. L'omogeneità forse eccessiva delle composizioni risulta essere forse l'unico punto debole di 'Demonic' e rende quasi inutile una descrizione track-by-track del lavoro che si presenta tesissimo e apprezzabile in ogni sua parte. Da sottolineare comunque "Demonic Refusal" con il suo incidere apocalittico, la paranoica "John Doe", l'incredibile assalto di "Murky Waters" e la disperata "New Eyes of Old" (mentre "Hatred's Ride" sembra l'ideale contatto tra il 'Low' e quest'album). La prestazione tecnica dei vari elementi è come al solito precisa ma, i più attenti, noteranno come Gene Hoglan, pur contribuendo sicuramente all'indurimento del suono, non sia alla sua miglior prestazione, donandoci una lavoro di batteria senza infamia e senza lode. In definitiva, considero questo album un disco di transizione nella carriera dei Testament, necessario per la nascita di quel capolavoro che è il successivo 'The Gathering', e assolutamente riuscito. Non sarà il miglior disco del gruppo, non sarà un disco innovatore o un capolavoro assoluto ma risulta uno degli album più spontanei e sentiti dei Testament, figlio inconsapevole della disperazione del momento e velato di una "drammaticità" mai presente e che non si ripeterà mai più.Il suono della rabbia, per un gruppo a cui molte volte la fortuna ha voltato le spalle.