BOMBER (MOTORHEAD, 1979)

HARDROCK, SERRATO E ALCOOLICO. Siamo nel 1979, e dopo aver già partorito due dischi di tutto rispetto come l'ottimo "Motorhead" e l'impressionante "Overkill", Lemmy e compagni tornano a irrompere sulle scene con il loro terzo full lenght, destinato a diventare uno dei migliori di sempre targati Motorhead. "Bomber", questo il titolo dell'album, si presenta molto bene a partire dall'artwork (da sempre uno dei punti di forza del combo), raffigurante un aereo (ma che aereo?!) militare intento a sganciare bombe su un non precisato bersaglio (le orecchie dell'ascoltatore?). Dipinto sul fianco l'immortale logo della band, si notano anche i volti dei piloti del velivolo, che altri non sono che i nostri ragazzi. Musicalmente Bomber si mantiene sulla medesima linea dei primi due dischi, ritorna quindi il grandioso "Metal'n'Roll" in stile Motorheadiano, che prevede ritmiche serrate, sound sporchissimo e dalle tonalità graffianti, l'inconfondibile voce alcolica di Lemmy a scandire (come solo lui sa fare) i testi, e per finire headbanging sfrenato, impossibile resistere. C'è da dire però che il disco non presenta solo canzoni veloci, ma anche un discreto numero di mid tempo, che incattiviscono decisamente la produzione complessiva, pur non facendo perdere l'esplosività complessiva. Il compito di aprire le danze viene affidato all'ottima "Dead Man Tell No Tales", che parte lenta, in stasi, ma con la netta sensazione che la song possa esplodere, come succederà dopo pochissimo tempo, all'urlo di "This is it!". Coinvolgente e trascinante il riff portante, che pur non andando a velocità roboanti riesce comunque a scatenare l'ascoltatore, che impazzisce letteralmente con l'assolo impazzito di un eccellente Eddie Clark. Più lenta e tranquilla ma ugualmente incalzante è la seguente "Lawman", mid tempo di ottima fattura caratterizzato da una ottima batteria di fondo e delle sonorità in pompa magna. Meglio le strofe del refrain, un po' scontato e rivedibile Ancora ottimo Eddie nel solo, davvero lungo e ben congegnato. Ancora un mid tempo alla terza posizione, questa volta titolato "Sweet Revenge". Qui abbiamo delle sonorità tra più cattive e arcigne dell'intera cricca, con la voce che accompagna con grande stile dei riff lenti, stridenti e malvagi (come devono essere quelli di una dolce vendetta). Ritorno a ritmiche più serrate con la bellissima "Sharpshooter", che ha tutto per essere un classico dei Motorhead. La song è lunga quel tanto che basta per esaltare senza annoiare, un basso marcio e su di giri accompagna un ottima chitarra, le pelli vengono picchiate con continuità, la frenesia pur essendo volutamente controllata non dà scampo. Il giro di chitarra inoltre lo reputo uno tra i più ispirati tra quelli presenti su Bomber, al pari di quello della successiva "Poison", altra classica per eccellenza di questo terzo prodotto. L'inizio è funambolico, veloce ed accattivante, la voce di Lemmy si presenta più tossica del solito ma paradossalmente ancora più intonata e fusa con lo strumentale, che imperversa in un pezzo da torcicollo. Si sentono anche delle buone backing vocals, usate con oculatezza ma efficacemente. Il caratteristico basso "Kilminsteriano" introduce quella che secondo me, titletrack a parte, è la miglior traccia dell'album, ovvero la lunga (quasi 5 minuti) "Stone dead Forever". Le velocità sono molto sostenute e come detto il basso la fa da padrone, venendo ricamato da spettacolari tratti chitarristici, che rendono questa traccia davvero preziosa. Solo discreto il cantato, ma il songwriting è tra i più azzeccati che io abbia mai sentito per quanto riguarda i Motorhead. Buono anche l'assolo centrale, eseguito da Lemmy con l'aiuto di Clark, in pieno stile-song, e quello finale, dove i due sembrano impazziti e si sfogano sui loro strumenti. Ottima anche se un po' più ridondante (e nettamente più breve) anche "All the Aces", che prosegue molto spedita e lineare sugli stessi binari del brano tipo del gruppo. Non è un brano eccezionale, assolo a parte, ma è comunque un gran bel sentire. Il pezzo a mio avviso meno coinvolgente (ma pur buono) tra quelli qui presenti è "Step Down", mid tempo che pur presentando una buona esecuzione è piuttosto differente dal tipico brano della "Testa motorizzata". Sarà la sonorità più pulita del solito, sarà il cantato, sarà qualcos'altro, fatto sta che Step down non mi ha mai convinto del tutto, e pur essendo track tutt'altro che da scartare, potrebbe lasciare con l'amaro in bocca. Le cose vanno meglio con l'avvento di "Talking Head", che pur non lasciando particolari segni, coglie in pieno il suo obiettivo, ovvero esalta e sballa chi la ascolta. Senza esagerare posso dire che Talking Head è un bel sipario per introdurre la song di chiusura di Bomber, la title track. Non credo inoltre di dire una bestemmia affermando che ci troviamo dinanzi alla canzone più amata dai fans, "Ace of Spades" a parte, di tutta la quasi trentennale produzione Motorheadiana. L'attacco dà subito i brividi e pogare e saltare viene automatico. Lemmy più che cantare urla (per le sue possibilità), e gli strumenti avvolgono con una sensazione di esaltazione che ha pochi rivali. Davvero devastante il ritornello, uno dei più cantati in assoluto ai concerti, e come potrebbe non esserlo? Tra l'altro è da segnalare una cover della traccia da parte delle Girlschool, realizzata benissimo, e che riesce, pur con un sound più pulito, ad esaltare ne più ne meno della Bomber made by Motorhead, che come detto in principio chiude un album tra i più fondamentali e spettacolari di una delle Heavy Metal band più irruente e capaci di fare casino di tutti i tempi. Dei veri e propri monumenti. Truemetal.it.