HELL AWAITS (SLAYER, 1985)

DISCO BASILARE PER L'ESTREMIZZAZIONE DEL THRASH. Nel 1985 gli Slayer, reduci dallo storico debutto Show No Mercy, dall’EP Haunting The Chapel (con ottimi brani quali Chemical Warfare e Captor Of Sin) e da Live Undead (in realtà una studio-session del gruppo passata per live album dallo stesso Brian Slagel, boss della Metal Blade che modificò i nastri con pesanti sovraincisioni), approdano a una maturazione stilistica e compositiva rilevante che li porterà verso il capolavoro assoluto Reign In Blood, in uscita l’anno successivo. Show No Mercy, pubblicato due anni prima nel dicembre 1983, si è affermato come caposaldo attestante l’avvenuta nascita del thrash metal, assieme al contemporaneo Kill 'em All dei Metallica (maggio ‘83). Seppur ancora pregno di forti spunti e reminiscenze N.W.O.B.H.M., infatti, l’album procede in una direzione musicale di forte evoluzione stilistica, esasperando gli sfoghi estremisti di band come Venom ed Exciter e rivelandosi di fatto una fonte di grande influenza per molti gruppi che vedranno la luce in quel periodo; Nell’agosto del 1985 i tempi sono ormai maturi per il disco della conferma e della consacrazione: è così che vede la luce Hell Awaits, una tra le più belle uscite estreme degli anni Ottanta. Sin dalla title-track posta in apertura, Hell Awaits, si può cogliere il salto di qualità. E’ lo stesso Tom Araya che ci introduce al platter con la sua sinistra declamazione, quel Join Us ripetuto più volte al contrario, sorta di preludio all’Inferno che attende; l’intro del brano è assolutamente coinvolgente e mostra come la band abbia decisamente indurito e velocizzato la propria proposta musicale rispetto al debutto, grazie anche all’aggiunta del doppio pedale, qui suonato magistralmente e con drumming preciso e potente, tecnicamente rilevante, del grande Dave Lombardo. A seguire Kill Again si attesta sui medesimi livelli compositivi: i continui cambi di tempo e le pregevoli linee chitarristiche, sia ritmiche che soliste, del duo King-Hanneman consegnano anche questa traccia all’immortalità. At Dawn They Sleep, cadenzata e solenne nel suo incedere, dai suoni cupi e sepolcrali lascia trapelare quanto gli Slayer di questo album abbiano influenzato band seminali quali Possessed o Death nella stesura dei loro primi lavori, che, recependo la lezione ed estremizzando alcuni parametri stilistici, hanno traghettato il thrash verso la prima forma compiuta di death metal. Praise Of Death e la successiva Necrophiliac si segnalano tra i brani più feroci del disco, nei quali sia King che Hanneman forgiano una serie di riff da antologia, tra cambi di tempo e velocità elevata; anche in questo caso il risultato è ottimo. Anche le restanti Crypts Of Eternity e Hardening Of The Arteries, due canzoni potenti e senza compromessi, si mantengono su standard qualitativi altissimi, chiudendo nel migliore dei modi un album ottino, all’interno del quale tutto funziona e suona in maniera egregia - l’unico appunto rimarchevole si può eventualmente indirizzare alla produzione di Brian Slagel e Bill Metoyer, non sempre all’altezza e piuttosto penalizzante nella resa sonora. In conclusione, con Hell Awaits siamo di fronte ad un lavoro maestoso e basilare per lo sviluppo del thrash metal estremo (ancora in via di definizione) e del successivo death primigenio, che ha il grande pregio di plasmare e indicare coordinate stilistiche rilevanti, paradigmi sonori con i quali necessariamente bisogna confrontarsi e fare i conti per chissà quanto tempo ancora. La prima grande testimonianza della superiorità musicale degli Slayer, e Reign In Blood è proprio lì, dietro l’angolo…