RITORNO ALLA CASA MADRE. L'album vede un certo distaccamento dai suoni sintetizzati del precedente Turbo. L'idea dei Priest era quella di ritornare all'heavy metal classico di Screaming for Vengeance e Defenders of the Faith. E lo fanno con la loro classe proverbiale e con quattro armi decisive: 1) una granitica sezione ritmica che crea ben nove nuove canzoni dannatamente metal e quasi in grado di competere con DEFENDERS OF THE FAITH; 2) un songwriting old style ma sempre di primissima qualità; 3) un notevole miglioramento tecnico da parte del collettivo; 4) una batteria più presente che in passato (con un Dave Holland in grandissima forma che lascia un ottimo ricordo ai fans, visto che è al suo ultimo album). Ram It Down presenta ottime canzoni come la title track, Heavy Metal e l'intensa Blood Red Skies. Ancora una volta è immancabile la cover, e che cover! Vi ricordate del rock ’n’ roll di JHONNY B. GOODE? Ebbene, i Priest per l’occasione la rivestono di un nuovo arrangiamento, che risulta addirittura per alcuni versi più affascinante rispetto all'originale grazie a quell'alone metallico che dona al pezzo nuova freschezza e pesantezza. Insomma, RAM IT DOWN non è un capolavoro, ma un buon punto di ripartenza: un certo PAINKILLER si profila minaccioso all’orizzonte…