CRYPTIC WRITINGS (MEGADETH, 1997)

ALLA RICERCA DEL SUCCESSO. Tre anni dopo l’uscita di “Youthanasia” i Megadeth tornano sul mercato con “Cryptic writings”, album ambizioso e discusso in uguale maniera. E’ l’ultimo album dei Megadeth con Nick Menza alla batteria, perchè in seguito il suo posto sarà preso da Jimmy De Grasso, ex Suicidial Tendencies. Si chiude così il periodo con la line-up più amata dai fans, che vedeva coinvolti Marty Friedman alla chitarra (che lascerà la band dopo “Risk”) e Dave Ellefson, storico bassista e “braccio destro” di Mustaine. Guardando la copertina abbiamo la prima novità: manca Vic Rattlehead, storica mascotte del gruppo. Forse è stata la Capitol ad imporre l’esclusione, dato che tornerà quando la band firmerà per la Sanctuary, ma può darsi anche che i Megadeth volevano definitivamente prendere le distanze dal passato metal. Non a caso, Vic Rattlehead ricompare in “The world needs a hero”, il tanto sbandierato ritorno al metal della band che causò quasi solo danni. “Cryptic writings” è un album criticato quasi quanto il suo successore (“Risk”), molte cose sono state dette e molte accuse sono state rivolte a Mustaine. L’accusa più frequente è quella di aver creato il disco a tavolino, ovvero pensando già ai passaggi radio e televisivi. Qualcosa di buono c’è, mi riferisco a “She wolf”, “Trust” e “A secret place”, a mio avviso i brani migliori, ma non bastano a tenere in piedi l’album. In particolare i primi due saranno una presenza quasi fissa negli anni a seguire nella scaletta dei concerti dei Megadeth, e entreranno nelle preferenze dei fans. I Megadeth pestano il piede sull’acceleratore in “The disintegrators” e “FFF”, in cui si sentono influenze hardcore, ma purtroppo sono solo singoli episodi. Il disco è completato da una serie di brani leggeri, che come ho detto in precedenza potrebbero insidiarsi benissimo nelle rotation più o meno heavy di qualsiasi radio o televisione. Nulla di scandaloso, ma allo stesso modo nulla che fa gridare al miracolo. Prodotto da Dan Huff, l’album risulta debole ma avrà anche lui un discreto successo, diventando quasi subito disco d’oro. Vale il discorso fatto anche per “Countdown to extinction” e “Youthanasia”, ovvero che chi vuole avvicinarsi al metal può partire proprio da album come questi. Guadagna qualche punto se pensiamo a ciò che i Megadeth hanno fatto nel 1999 con “Risk”.