NOSTRADAMUS (JUDAS PRIEST, 2008)

CONCEPT OPERISTICO PR I METALGODS. Stupisce questo ritorno dei Judas Priest: non tanto per l’uscita di un nuovo disco di Tipton e compagni, già da tempo annunciata, quanto sotto l’aspetto prettamente musicale. Diciamo anzitutto che si tratta di un doppio album, un concept, costruito attorno alla figura di Nostradamus e delle sue profezie. Un tema, questo, di certo parecchio inflazionato tra le bands metal, che spesso si sono ispirate a questa figura. Ma al di là delle liriche, si nota subito come i Judas Priest abbiano introdotto diversi elementi di novità nella loro musica: in 'Nostradamus' ritroviamo una massiccia presenza di tastiere ed orchestrazioni, come mai si era verificato prima d’ora nella loro discografia. Tra i ventitrè brani che compongono 'Nostradamus' c’è un po’ di tutto: il classico heavy dei Judas Priest, aperture verso il power sinfonico, cori gotici, brani più melodici ed altri più epici e drammatici. Superlativa la prestazione di Halford che oltre ai suoi straordinari acuti, si distingue per interpretazioni intense e versatili, spaziando da episodi di particolare intensità come 'Exiled' o 'Futures of Mankind' alla malignità di brani come 'Death', 'War' o addirittura con passaggi quasi operistici come nella title track o in 'Pestilence and Plague' (brano dove curiosamente il ritornello è in italiano). Certo, gli amanti delle sonorità à la 'Painkiller' rischiano di rimanere un po’ delusi, ma ai Judas Priest va stavolta riconosciuto il merito di non cercare inutilmente di ripetersi, con risultati magari poco convincenti, nello stesso tempo senza snaturare il proprio stile. Questo processo è tutto sommato agevolato dalla scelta di pubblicare un doppio album: situazione, questa, che ha loro consentito di inserire diversi intermezzi e ampliare le parti sinfoniche senza dare l’impressione di eccedere sotto quest’aspetto. Certo, si tratta di un disco che va metabolizzato e nel quale per forza di cose inizialmente risulta un po’ difficile orientarsi, ma che al contempo è ricco di qualità: basti pensare a brani come la title track, Prophecy, Conquest, Alone, Visions o Revelations, giusto per citarne alcuni. A conti fatti, siamo pertanto orientati nell'annoverarla senz’altro tra le loro migliori uscite dai tempi di 'Painkiller'.