METALLO DI QUALITA'. “The Mob Rules” esce nel 1981, l'anno dopo di “Heaven And Hell” e come prosecuzione del lavoro del disco precedente, vede ancora la voce di Ronnie James Dio, a scaldare con una tecnica sopraffina, portando un po'dell'esperienza dei Rainbow. Da sottolineare il cambio di formazione alla batteria: Vinnie Appice sostituisce Bill Ward dietro le pelli, il secondo infatti ha appena lasciato la band per motivi di salute. La sostituzione del batterista non abbassa il livello compositivo della band e l'accoppiata Dio - Iommi sembra affiatatissima (cosa che verrà poi smentita dopo l'uscita del “LIve Evil”, uno dei più bei live dei Sabbath che però vedrà l'allontanamento del singer e segnerà un lungo momento di cambi di formazione). Che si tratti del proseguimento dello stile già ci viene anticipato dal primo pezzo del disco: " Turn Up The Night". Dal riff veloce, questo brano è una fotografia del periodo storico dell'Heavy Metal, nel quale si configura il disco, nei primi ottanta, e come “Neon Knights” è energica e solida, lontana dalle atmosfere dei precedenti Sabs, molto più hard rock nel più classico degli stili. Siamo alla lunga ed oscura "Sign Of The Southern Cross", in questo caso siamo molto più vicini allo stile lento dei vecchi Sabbath e qui Dio ci dà una grandissima dimostrazione di altissimo livello tecnico. Maestosa, lunga ma non stancante, la song esalta bassi e batteria. La strumentale “E5150” ci porta lontano, perfettamente integrata verso la title track “The Mob Rules”, che parte con un violento riff hard rock da brividi. Dio incattivito all'inverosimile e una parte ritmica perfetta, è una cavalcata crescente che resterà tra i pezzi migliori mai scritti dalla band. E’ molto quadrata invece "Country Girl". Suoni più ricercati e pesanti, ci fanno ritornare in mente i primi lavori della band. “Slippin’ Away” è forse il pezzo meno riuscito del disco, anche se è comunque di livello altissimo. In alcune parti ha dei riferimenti ai Deep Purple, mentre nell'assolo Iommi va alla ricerca di suoni più oscuri. Ma il disco non si abbassa di livello per troppo tempo, arriva "Falling Of The Edge Of The World", song che crea una fantastica atmosfera esaltando la voce di Dio , seguitando con una feroce accelerazione che dona potenza ed epicità. "Over And Over" ci dona emozioni allo stato puro invece. Ancora Dio in gran forma, canta su un tempo classico dei lenti Black Sabbath. La song si sviluppa con un lungo solo di Iommi, restando una delle migliori dell'intera opera. In un pezzo come questo infatti possiamo denotare lo sviluppo delle nuove sonorità della band. E' la degna conclusione di un disco stupendo. Come “Heaven And Hell”, è ingiusto considerare questo disco come inferiore agli altri dei Black Sabbath perchè non vi è Ozzy Osbourne. Potrebbe essere sacrilego preferirlo , così come “Heaven And Hell” a pilastri come “Master Of Reality”, però la novità portata da Dio in questi dischi, crea nuove influenze (vicine ad esempio ai Rainbow o addirittura ai Deep Purple). Tecnicamente comunque superiore al precedente, paga un piccolo prezzo di creatività. Disco comunque da avere, seguito perfetto di “Heaven And Hell”. Metallus.it